Ieri sera tornavo a casa dopo aver riaccompagnato la mia ragazza, passeggiavo lento perso nei miei pensieri, c’è poca distanza tra casa mia e casa sua ed ho imparato ad apprezzare quel piccolo tragitto a piedi.
Nel viale di fianco al mio ci sono degli alberi di arancio e proprio in questi giorni stanno spuntando i primi arancini verdi, piccole biglie alle quali non so resistere e, come facevo quando ero bambino, amo calciarle forte per vedere dove riesco a farle arrivare.
Lo scopo è di farle arrivare alla fine del marciapiede, fino all’incrocio, ma considerate le mie attitudini calcistiche, normalmente fanno ben poca strada.
Comunque, ieri sera, mentre con le mani in tasca, camminavo guardando il cielo stellato, ho intravisto, con la coda dell’occhio, una di queste biglie verdi, mi son fermato, l’ho osservata come un calciatore professionista osserva il pallone sul dischetto del rigore, il pallone della vittoria, ho lentamente preso la rincorsa, giusto per non dare nell’occhio, ed ho calciato.
Beh, la sensazione è sempre la stessa di quando ero bimbo e normalmente la direzione anche e cioè ovunque tranne che sul marciapiede infatti ho il piede più a banana della storia dell’umanità. Sono talmente incompetente in questo sport che mio padre era uso prendermi in giro dicendomi che lo scopo del calcio era mettere la palla in rete e non tentare a tutti i costi di evitare di infilare la pallain goal. Invece ieri sera il piccolo arancino è volato sul marciapiede, dritto come un razzo, prima volando e poi rimbalzando, ma sempre dritto verso la sua meta finale, l’incrocio!
Lui rimbalzava, pochi metri lo separavano dall’asfalto, lo potevo vedere voltarsi e guardarmi occhieggiando come a dire: - Hai visto? Ci hai messo quarant’anni ma ci sei riuscito, questa sera ti farò dono di un sogno di bambino - ed io già gli sorridevo felice col pugno chiuso pronto a levarsi vittorioso al cielo.
Come ho detto non sono proprio Del Piero ed anche quel tiro dritto, per me, ha la sua importanza, secondo me, infatti, ci sono cose, anche stupide agli occhi degli estranei, che per ognuno di noi hanno la loro importanza, un po’ come sputare il “ciungo” e riuscire a calciarlo al volo possibilmente senza perdere la scarpa o riuscire a fare gol a calcetto balilla al tuo migliore amico che in difesa, trent’anni fa, era il mago della sala giochi o fare un ace al tuo maestro di tennis o fare il sugo e poi portarlo a tua madre che ti fa i complimenti, insomma quelle scemate che quando le facciamo, per un secondo, ci fanno tornare bimbi e ci permettono di respirare nuovamente un po’ di quell’innocente felicità che ci siamo lasciati dietro decenni fa e che ci mette, sul volto, quel sorriso fisso da bimbo scemo che avevamo allora.
Insomma la pallina verde correva felice e veloce lungo il marciapiede quando all’improvviso lo vedo! Un’ombra nera acquattata sotto una macchina, un riflesso argenteo che intravedo per un secondo, poi una coda si muove, il suo volto si gira ad osservare quel curioso ma soprattutto attraente proiettile scuro che rimbalza a poca distanza.
In un attimo è in posizione, gambe davanti piegate basse, petto quasi contro il terreno, sedere leggermente alto come un corridore ai blocchi di partenza, baffi traslucidi tutti tesi verso quello strano coso rotondo che corre proprio lì davanti a lui.
Rimango per un attimo ad osservarlo con un sorriso poi mi rendo conto con orrore che il mio povero piccolo arancino verde non ce la farà, quel mostro arriverà prima che lui possa toccare l’asfalto, quel maledetto predatore ruberà il sogno del rigore ai mondiali, del gol al tuo amico, sarà il sugo bruciato che dovevi portare a tua madre, la scarpa che vola senza aver toccato il “ciungo” insomma quel piccolo batuffolo di pelo nero era diventato all’improvviso il Nemico!
Parto di corsa verso i due ma con i miei quasi cento chili è un po’ come vedere la partenza di una locomotiva diesel, anzi a vapore, io ci provo lo stesso, sprinto ed urlo qualcosa all’indirizzo di quel nero felino randagio sottolineando la sua chiara mancanza di genealogia certa, più che altro cercando di spaventarlo e riuscire così a prendere tempo, a regalare quei pochi secondi a quel frutto acerbo oramai al centro del mio piccolo universo, e invece il felino mi guarda consapevole che per lui mi muovo al rallentatore, aspetta, pretendendo di esserci cascato poi quando sto per crederci, quando oramai son certo di avercela fatta, scatta in avanti.
Con un solo balzo verso la sua preda copre in un secondo la stessa distanza che io ho coperto negli ultimi dieci minuti, ha persino il tempo di lanciarmi un’occhiata, tanto per sincerarsi che il pachiderma rimanga a distanza di sicurezza, poi corre sicuro dietro la pallina verde e... l’agguanta con i suoi artigli! Il sogno di un bimbo ridotto in frantumi come un sottile vetro antico colpito da un pallone! Lo prende con le zampe, lo ferma a pochi metri dalla meta poi lo guarda stupito, lo annusa e salta indietro disgustato, scrolla la zampa con cui l’aveva preso, mi guarda con curiosità e tranquillo se ne va infilandosi in un giardino vicino.
Io continuo la mia corsa perché, come la locomotiva diesel di cui prima, una volta preso l’abbrivio mica mi si ferma così facilmente! Lo rincorro anche se so che non potrò agguantarlo, in realtà non ne ho nemmeno il desiderio infatti mi basta averlo fatto correre via, quando un’anziana signora spunta dall’angolo e mi guarda severa.
Mi dice di tutto, che sono una persona cattiva, che le persone che odiano gli animali come me non meritano nulla, che devo lasciare in pace gli animali, che non devo permettermi di tirare gli aranci acerbi ai gatti, che gente come me vuole prendere i gatti neri per le messe nere, che... non ricordo nemmeno più... la guardo affranto, un sogno rubato, un gatto fuggito, una vecchia inferocita... prendo l’arancino dicendole che quello comunque è mio... poi a testa bassa mi dirigo verso casa tutto triste e sconsolato.
Pochi metri più in là vedo il micio nero che mi guarda passare al sicuro da sopra un albero, l’arancio è ancora nella mia mano... guardo la vecchia ma oramai lei è lontana... riguardo il gatto e prendo la mira, a quella distanza non posso sbagliare... poi lui mi guarda fisso negli occhi e... strizza gli occhi nella mia direzione! Quel bastardo, con un sorrisetto stampato su quella faccia felina che si ritrova, ha anche l’ardire di farmi la strizzatina d’occhi! Non sono tuo amico, bastardo pulcioso sacco di pelo nero!
Abbasso la mano, gli strizzo gli occhi anche io, lui si stira e si accoccola meglio sul ramo, con l’altra mano lo saluto, sorrido tra me e me e vado a dormire.
Sarà anche un bastardo pulcioso sacco di pelo nero ma mi ha battuto su tutta la linea... felini...
1 commento:
poetico...
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